domenica 31 dicembre 2017

Confondersi

A volte penso che il verbo più usato da Dostoevskij sia confondersi.
Oggi, 31 dicembre 2017, ho iniziato Il giocatore e già alla pagina 2 (nell'edizione che sto.leggendo pagina 47) dice lui sembra confondersi. E dopo due righe smarriti completamente.

Terza tappa di questo viaggio russo: Delitto e Castigo, l'Idiota e adesso Il giocatore.

venerdì 29 dicembre 2017

giovedì 28 dicembre 2017

mercoledì 27 dicembre 2017

Il principe Myškin

Il principe Myškin era di Voghera e della mia incapacità di riassumere i libri.

Ci sono sempre tanti treni nei romanzi russi. Quello che porta il protagonista di Delitto e Castigo in Siberia e questo con cui inizia L'idiota. Avendoli letti di fila senza soluzione di continuità mi sembra lo stesso treno. Prima fa un giro in Siberia e poi Varsavia Pietroburgo. Scherzo 😋😆
Fa freddo freddo e uno dei personaggi nel vagone del treno dell'Idiota, veramente sono tre ma uno non conta,  è vestito in modo inadeguato. Ha una mantella senza maniche. Aiuto.
L'altro è coperto bene, Rogozin, ha una cappotto in agnello rovesciato.
Mister mantella è il protagonsita, il principe Miškyn.
Forse perché si parla di Italia settentrionale forse perché è spesso definito pazzo io mi sono messa in testa che il principe Myškin è di Voghera.
Non so che corto circuito ha fatto il cervello: forse perché a Voghera, la città della casalinga, c'è un noto manicomio. E a Pavia un modo un po' cretino per dire che sei matto è: uè ma sei di Voghera?

Forse è meglio che non insegni Letteratura nelle scuole. 😆😆😆
Avrei esordito con: Ragazzi il principe Myškin era di Voghera.

martedì 19 dicembre 2017

Cappotto

Идиот. L'idiota. Dostoevskij.
Ohhh finalmente un libro dove fa freddo. Delitto e Castigo è ambientato in estate. 
Fa caldissimo anche se Fedor, l'amore mio, parlerà del tempo in 700 pagine trevolte credo. Giuro. 
È tutto un tempo mentale. Invece già alla pagina due dell'Idiota fa freddissimo e si parla di cappotti. 

Nei romanzi russi c'è sempre un cappotto prima poi.


sabato 16 dicembre 2017

Racconti di un giovane medico

Eccolo qui Paolo Nori. Un bel accento emiliano, un gran muovere di braccia e le punte delle sue dita che toccano la decorazione a stella che pende dal soffitto della libreria. Ho pensato adesso le strappa. Mi è piaciuto tanto il suo gesticolare e aprire continuamente le braccia e toccarsi il cuore come a dire dai state con me che la vediamo 'sta Russia.

Fuori il gelo, non russo ma quasi e noi al caldo neĺla libreria. Sembravamo in una palla di neve quelle che piacciono a me con la neve finta, noi dentro e fuori qualcuno che passava di fretta in via Lomellina e guardavano un signore che leggeva i racconti di un giovane medico. Russo.

Commossi tutti. E confusi da tanta bellezza. Anche perché il suo accento ha semplificato, avvicinato e reso tutto meno astruso e più vicino anche i nomi tanto che sembravano i racconti di un giovane medico della Lumlina cioè della Lomellina, come si dice in dialetto. #ilmioannorusso p.s. ha detto che ho fatto bene a cominciare con Bulgakov per il mio anno russo e che quando lo legge lui piange sempre.

martedì 12 dicembre 2017

Suore senza vocazione

Questa mattina la bibliotecaria mi ha consegnato il libro con disgusto. Chissà perché.
Forse non le è piaciuto il nome: Ljudmila Ulickaja.
Oppure la copertina.
Oppure l'ha appena lasciata un fidanzato russo.
Oppure non le piacciono più i libri e credo che sia una grande disdetta per chi fa la bibliotecaria.
È come essere una suora che ha perso la vocazione.
Deve essere tutto molto difficile.

lunedì 11 dicembre 2017

Samizdat

In questo libro ci sono mille storie.
È il responsabile del mio amore per la letteratura russa.
È un libro su chi nasce spia, sulla potenza dei libri. Sulla samizdat*.
Su chi "nasce rompi ghiaccio, precorre i tempi e spacca il muro, spacca il ghiaccio, apre una nuova strada, dopodiché dietro di lui possono navigare piccole navi e piccole barche di ogni specie. Sulle orme del genio si affrettano le persone più sensibili...".
Sogno un giorno di conoscere Ludmila Ulitskaya per abbracciarla. Per 15 minuti.

* Nell'ex Unione Sovietica, edizione clandestina, generalm. ciclostilata, di testi politici, letterari e religiosi scritti da dissidenti e vietati dalla censura
|| Sistema editoriale e di diffusione di tali scritti.

venerdì 8 dicembre 2017

Ripetuti istanti di disubbedienza

Era di natura non sottomessa mio padre. Ciò che chiamiamo oggi la sua arte è stata costruita durante ripetuti istanti di disubbedienza.

Mostra di Robert Doisneau.
Broletto Pavia.

giovedì 7 dicembre 2017

Tè.

Il tè. Comme il faut. Sant'Ambreüs.
I russi e gli inglesi hanno poche cose in comune, ma fanno lo stesso utilizzo del tè. Calma loro i nervi. Nei momenti clou dei romanzi mettono una teiera sul fuoco. Sostuisce la musica di suspance. Dadadaaaan.

Il mio anno russo: l'indice

Ho trovato il mio indice.

Il mio anno russo

Tutto è nato da una discussione sui libri e sui classici. Non puoi parlare di libri se non hai letto i russi.
Ma io ne parlo senza pretese.
Cosa hai letto sentiamo hai piantato a metà Guerra e Pace. Poi?
Ma veramente ho letto Il giocatore.
E poi? 😱☹☹👹
...
Niente non puoi parlare.
Il mio anno russo comincia qui. Grazie Mauro. Quest'anno solo libri russi.
#ilmioannorusso

mercoledì 29 novembre 2017

Strenne

#Strenne. Le sorelle dell'Arminuta, Teresa del romanzo della Vinci, Grazia Deledda e la sua valigia di libri, la lotta col corpo della vegetariana, Cora e la sua fuga,  Offred usata come un tavolo nel Racconto dell'ancella.
La mamma di Michele Mari e per finire la madre di Swing Time. Tutte donne che porterò con me per sempre che mi hanno accompagnato in questo anno come un innesto. Una talea.
Il professore Julevic e i suoi Amleri
Il cagnolino di Haruf, gli avvocati di Carrerè.
I miei libri speciali del 2017.
Dai basta sciarpe, regalate libri. O gatti.  

Libertà

La parola cosacco deriva da una radice turca che significa uomo libero.

Ci sono due parole per indicare la parola Libertà in russo: Volja oppure svoboda cioè libertà per legge che significa anche volontà o forza di volontà cioè la libertà di esercitare il proprio volere.
La possibilità di non essere agli ordini di nessuno.

Roger Bartlett Storia della Russia

domenica 12 novembre 2017

Fantasmi: Franco Basaglia.

Credevo di trovarmi di fronte a poche persone per discutere e polemizzare su argomenti che parlano della lotta che voi conducete all’interno del movimento studentesco e noi all’interno degli ospedali dove io sono la bella bestia, attorniato da tante persone che vogliono sapere da me non so che cosa. Direi forse che questo è il risultato di una pubblicizzazione di cui sono stato oggetto. Io sono diventato famoso perché ho “aperto” un ospedale psichiatrico, e tutti i giornali hanno scritto che io sono il liberatore dei matti, che io sono il fantasma buono che si mette al posto del cattivo; poi c’è stata la maggior fortuna: l’incriminazione. Era successo qualcosa per l’istituzione, quindi ero portato alle stelle; e oggi sono diventato una vedette del mondo borghese chiamata un po’ dappertutto: da studenti, da socialdemocratici, da comunisti ecc., un po’ da tutti, perché tutti vogliono sapere cosa si deve fare, cosa si può fare – e anche questo è un altro modo per distruggere un’esperienza. Penso che oggi “io” sono un’istituzione, e si ha a che fare più col mio fantasma che con me. Direi quindi che il pubblico che è qui presente e vuol sapere, discutere su determinati problemi, si aspetta da me qualche cosa che io non posso dare.

La città dei matti, John Fott,  Feltrinelli

domenica 5 novembre 2017

E' un attimo

Il mio professore di storia dell'arte alle superiori una volta, parlando di Van Gogh e Gaugin e la storia dell'orecchio risolini adolescenti scemi a seguire, ci disse una cosa: guardate che non ci vuole mica tanto per impazzire. Una donna che non ti ama più, la fortuna che si accanisce. 
E' un attimo.
Forse è per questo e per altre vicende famigliari che ho sempre guardato i "matti" con rispetto e tenerezza. E' un attimo.
La figlia di Basaglia ha scritto questo bel libro dove parla del suo grande padre e io direi anche della sua grande madre: Franca Ongaro.
E' un bel libro che descrive bene quella rivoluzione da chi la vissuta da dentro. 
Il dibattito, la voglia di cambiare, le sigarette fumate. 
Simone de Beauvoir e Sartre, dei quali si parla in un episodio molto tenero.

E ieri mattina, dato che tutto torna e in certi momenti tutto il mondo mi sembra che mi canti la stessa musica in biblioteca c'erano molti amici di Basaglia.
Una in particolare era seduta di fronte a me e mi guardava leggere.
E' un attimo, sorella.


giovedì 2 novembre 2017

Liceo Marco Polo

Nei mie giri veneziani ho fatto anche un giro basagliano.
Mi sono fermata qui, Liceo Marco Polo.

"Franco Basaglia e un compagno (Nené Mentasti) penetrarono di notte in un’aula del liceo Marco Polo e coprirono le pareti di slogan e volantini antifascisti. Su tutte le lavagne lasciarono la scritta “Morte ai Fascisti, Libertà ai Popoli”. Angela, una delle sorelle di Franco, e Rina Nono, sorella del compositore veneziano Luigi, distrassero le guardie mentre i ragazzi si intrufolavano nelle aule. La scoperta della protesta, il giorno dopo, scatenò il panico, e la scuola venne chiusa per ripulire tutto".

mercoledì 1 novembre 2017

La ferrovia sotterranea

Sarò breve.
Ore 20. Mamma abbiamo fame.
Arrangiatevi. Mi mancano 100 pagine.

Nel 1977 ho visto Radici avevo 10 anni e sono stata sotto shock per diverso tempo. Ecco così, moltiplicato per Il colore viola chiusa parentesi al quadrato.  Ma scritto benissimo. Del resto ha vinto il Pulitzer.
Quindi una lettura dolorosissima ma al galoppo.
Cora la metto nel mio paradiso delle eroine letterarie.
Ripeto è così solo libri squarciabusecche ultimamente e avrei tanto bisogno di gattini e unicorni. 🦄🦄🦄🦄🦄🐈🐈🐈

sabato 28 ottobre 2017

Il Paradiso

Il Paradiso io lo immagino così.
Tutti insieme.
Con gli animali che abbiamo avuto.
Hangar Bicocca, Lucio Fontana.

venerdì 27 ottobre 2017

Le coste gialle

Ieri in pausa pranzo in quei bar milanesi tipici dove si mangia di corsa, male, spesso parlando di lavoro io e Francesca M. ci siamo fermate a parlare con emozione della morte di Severino Cesari.
Ricordando libri,  le coste gialle, l'articolo di Papi del Post.
Poi io dico ma pensa a Repetti, che dolore, chissà come si fa dopo che si è lavorato tanti anni insieme. Come quando è morto Lucentini. Ti deve mancare la terra sotto i piedi.
Come per me quando morirai tu, Francesca.
E lei ridendo ohhh tiè quando morirai tu che sei più vecchia.
Corna e grandi risate.

Lo so non è un ricordo letterario, non ho avuto il piacere. Ma è stato bello, un pensiero così. Molto affettuoso.
A nostra volta un pensiero da persone che invecchiano e iniziano a scherzare con la Vecchia Signora. E un po' l'emozione e un po' che siamo rincoglionite abbiamo lasciato i telefoni al bar.
Rip Severino e coraggio a chi resta.

domenica 22 ottobre 2017

La cento ottanta

Quando ero una ragazzina mi ricordo benissimo che mio padre parlava tanto di questo Basaglia. E della 180. La 180. La 180 ripeteva.
Era il 1978 e grazie alla cosiddetta legge Basaglia sono stati chiusi i manicomi e regolati i TSO. E se non sapete cosa sono i TSO meglio per voi, vuol dire che non ve ne siete mai dovuti occupare. E direi che mi fermo qui.
E dell'Espresso, che girava sempre in casa insieme all'Avanti e a Il Corriere della Sera,  mi ricordo due copertine: una con un piatto di spaghetti e con sopra una pistola e poi una con un titolo tipo Solo i poveri sono matti.

E le stesse sensazioni che ho provato leggendo quell'articolo sui "matti" allora le ho riprovate leggendo il libro di Simona Vinci. La prima verità è un bellissimo libro che parla di manicomio.
Nei momenti duri giro intorno ai libri difficili.
Teresa non ti dimenticherò mai piu.

giovedì 12 ottobre 2017

L'animale che è in noi

Se riesci a insinuarti nella mente di un’altra specie, riesci anche a insinuarti nella sua pelle, e alla fine vedrai le piume spuntarti dalle braccia e gli artigli crescere dalle dita.


Non sempre posso stare nella natura selvaggia. A volte devo stare in luoghi che puzzano di paura, gas di scarico e ambizione

sabato 9 settembre 2017

Quel giorno sulla luna

Mentre Saturno V viene ricomposto per una mostra sotto il mio ufficio leggo questo libro.

Mi accompagna la bibliotecaria negli scaffali Scienza, l'unica parte della biblioteca che non conosco bene.
E mentre lo cerchiamo mi chiede di cosa parla il libro, glielo spiego.
È un reportage scritto da Oriana Fallaci nel 1969 a Houston e racconta del lancio di Saturno V.
E dato che tendo a giustificarmi sempre dico: È un libro del 1970. E sottolineo involontariamente  SETTANTA. Cioè molto prima che...

La bibliotecaria, la mia preferita, impassibile dice "Il fatto è che non bisognerebbe rilasciare dichiarazioni pubbliche dopo i 70 anni. E dovremmo scrivere un biglietto per ricordarcene". Top.
I miei sabati in biblioteca.

martedì 8 agosto 2017

Vite che non sono la mia

Di conversazioni private non ne avevano quasi. I loro scambi ruotavano intorno al lavoro. Si può amare lavorare con qualcuno come si ama fare l'amore con qualcuno ed Ėtienne, sopravvissuto a Juliette, sa che avrà sempre nostalgia della loro intesa.

Siamo stati dei grandi giudici.
Vite che non sono la mia, E. Carrère

La vita a volte è amara e Carrère lo sa e lo scrive benissimo. Che bel libro.

martedì 18 luglio 2017

Un'educazione milanese

Insieme al sogno di una società giusta,  mio padre amava la rotondità professionale del lavoro, il progetto condotto a termine, il millimetro che decide l'efficacia di un utensile - forse erano due modalità di considerare la bontà del vivere: giustizia e giustezza.
Alberto Rollo

mercoledì 12 luglio 2017

Biblioteca di Alessandria


C'è stato un periodo della mia vita in cui i libri erano solo il loro contenuto.
E la forma non contava.
Avevano la forma "un po' così" delle edizioni Euroclub.
Era una trappola mortale.
Arrivavano a casa due libri in regalo.
Tu non li restituivi e ti trovavi impelagato per sempre in questa vendita per corrispondenza.
C'era un catalogo.
Non so se esista ancora.
Ma forse quel tipo di distribuzione lì ha avuto il merito di far arrivare i libri, prima di Amazon, in casa di quelle persone che non entrano nelle librerie.
I libri Euroclub sono stati la mia prima biblioteca di Alessandria. 
Mia. 
Personale.

Brutti, forse, nella forma ma erano libri.
E molti buonissimi.
Uno di questi è Rimini di Pier Vittorio Tondelli. Rivelazione primaria di cosa possono fare le parole.


In biblioteca, sabato, sulla mia mensola dei libri presi a caso ho trovato questo libro della Pivano.
Subito ho riconosciuto la grafica. In fondo uno stile. I libri euroclub.


E mi è venuto il magone e una profonda tenerezza per quella biblioteca che è rimasta a casa di mia mamma.
E ogni tanto penso che mia mamma quando non ci sarà più sarà atroce, sì.
E sara atroce occuparsi di quella casa.
E della mia prima biblioteca di Alessandria.

lunedì 10 luglio 2017

Alfonsina Strada

Sotto il mio ufficio, in via Ventura a Milano,  vedo spesso una macchina grigio metallizzata, lunga e sul tetto ha quelle specie di V di metallo per trasportare le biciclette.
Sulle fiancate  la scritta ALFONSINA. Un giorno ho fatto anche una foto e l'ho inviata a una cara amica Martina Faccin, che è stata una promessa del ciclismo. Avevo messo anche delle faccine 😍😃😃 tipo "che buffo nome" per un team di ciclisti. E poi saluti e baci corriamo ancora insieme. Ciao.

Pensavo a uno sponsor: che so tagliatelle Alfonsina.
Dopo anni per caso, cercando un libro sul MLOL,  la piattaforma di prestito digitale delle biblioteche, mi imbatto nella storia di Alfonsina Morini Strada di cui ho scritto ieri.
Quindi Alfonsina non era una marca di pasta. 
Ha corso in tutta Europa. Anche in Russia!
Nel 1924 ha partecipato al Giro d'Italia. Ripeto 1924.

Si è sposata, perché usava così, e incredibilmente il marito l'ha sostenuta. Alfonsina ha continuato a pedalare tutta la vita. A Milano in via Varesine ha aperto un negozio di bici con il marito.
Finito con la bici, si è comprata una Guzzi strepitosa. Poi una caduta stupida sulla Guzzi, quelle cose un po' beffarde che a volte capitano alle persone che vivono una vita pericolosissima, l'ha portata via.

A volte le storie fanno il loro giro come il vento ma se sono belle ritornano prima o poi. #alfonsinativogliobene

sabato 24 giugno 2017

Succulente

Per tutta una serie di motivi complessi questa sarà un'estate milanese.
Ma sarà bella lo stesso perché a me basta poco per stare bene.
Sono come le piante grasse.
Chiamate così impropriamente,  il nome corretto è succulente.
Allora dato che sono sempre alla ricerca di libri da leggere, ma mi annoio a leggere le recensioni, sarebbe interessante leggere tutti i libri del Premio Strega.
Sono 70.
Ne ho letti solo 12.
Ma magari non quello che ha vinto, ma gli scartati.
I quattro fatti fuori.
Per un pelo.
Per un voto in meno.
Per un caso.
Come nella vita a volte.

Scribacchio

Scribacchio, vomito poesie, per avere un terreno, un punto su cui fermarmi e dire: "Sono io".
Cesare Pavese, Lettera a Augusto Monti

sabato 10 giugno 2017

Guardati dalla mia fame

Chissà che mondo si vede da certi palazzi.
Come questo di via San Marco a Milano.
Dove passavo oggi. E mi sono fermata 5 minuti a guardare le piante.
Dipende da quando mondo si fa entrare nelle proprie case. 

1946 Andria, Puglia. 7 marzo.
Una folla di poveracci riuniti per un comizio di Di Vittorio sente un colpo di sparo proveniente, sembra,  dal Palazzo Porro.
Il Palazzo della famiglia più ricca di Andria.
Ci abitano le quattro sorelle Porro.
Niente entra del mondo nel loro Palazzo. Sono ricche ma non sanno di esserlo.
Pie, sobrie. Vivono ad occhi chiusi. 
La folla inferocita, decide che sono loro a sparare (rido) allora assalta il Palazzo,  le fa uscire e le ammazza.
È una storia atroce.
Sull'innocenza e sulla ferocia.
Sulla ferocia di chi ha fame. 

È scritto a due mani da Milena Agus che è una scrittrice sarda meravigliosa e Luciana Castellina, che è Luciana Castellina.
Anche la copertina è bellissima e il titolo che mi ripeto ogni volta che vedo un telegiornale.
Secondo me è una storia da conoscere.
E dato che tra poco inizierà lo scassamemto di maroni se è meglio la Sardegna o la Puglia e la Sicilia e lu mare e lu ventu sapere che cos'era la Puglia nel 1946 mi è piaciuto assai.
Guardati dalla mia fame
Luciana Castellina Milena Agus
Nottetempo.

sabato 3 giugno 2017

Zio Svaldo


Questa mattina riconsegno in biblioteca Il Calzolaio di Vigevano di Lucio Mastronardi.
E lo comprerò. Subito.
Archiviato nella mente nella mia categoria mentale capolavori/il lavoro dell'uomo a far compagnia a Nesi,  le stoffe; Roth i guanti e ora Mastronardi le scarpe.

Il calzolaio di Vigevano per i non pavesi è, credo, incomprensibile.
Io, pavese, cresciuta con una nonna che parlava solo il dialetto ho apprezzato.
Potrei tradurvelo volentieri.
Ma le parole sono mondi soprattutto quelle in dialetto e non sarebbe semplice. Tipo tradurre "scarus" ci vorrebbero 5 minuti. Però si può fare, nel weekend ho tempo.

In un tema alle elementari avevo scritto mio zio Svaldo invece di Osvaldo e sfalto invece di asfalto. 18 segni rossi!
Giusto.
Solo molti anni dopo studiando Gadda, Meneghello con Cesare Segre che ci prendeva a bastonate senza simpatia, ho capito che dovevo conservare quella lingua.

Ancora oggi dico "andare sul mercato" e "ti faccio un bacio" dal pavese ta fo un bas.

Grazie a Mastronardi che mi ha fatto fare un tuffo nel passato.
Zio Svaldo comunque era bellissimo, cara maestra.
Per capire cos'era Vigevano in quegli anni uno dei dossier più belli di Giorgio Bocca http://www.ascuoladigiornalismo.loescher.it/Assets/Pages/Materiali/CartaStampata/GiorgioBocca.html
.

sabato 18 marzo 2017

Insonnia

Il 16 marzo è il compleanno di Mauro 😍ma è anche il giorno del rapimento di Moro. Era il 1978 avevo 10 anni e quel giorno ci mandarono a casa da scuola. Deficiente totale non avevo ben capito cosa fosse successo ma olè tutti a casa. Dopo tanti anni nel 2004 ho deciso di iscrivermi alla Facoltà di Storia contemporanea perché volevo prendere una seconda laurea: tesi sul terrorismo.
Soffrivo di insonnia perniciosa, ne soffro ancora un po', mio padre si era ammalato e io ho iniziato a non dormire più.
Mi alzavo alle 3 tutte le notti e studiavo, lavorando, con due figli e tutte ecccose. Uno degli argomenti che più mi colpiva era l'omicidio di Moro.
Solo dopo molti anni ho capito il perché:  trovavo le parole della più grande ingiustizia del mondo che stavo vivendo in quella parentesi di storia. Col tempo l'insonnia è un po' guarita, ho mollato l'Università. Rimangono qualche centinaio di libri, il libretto in un cassetto  e qualche data.
Che non ricorda quasi più nessuno.

sabato 18 febbraio 2017

Novantanove m'han chiamato

Novantanove, m'han chiamato.
m'han chiamato m'han chiamato a militar. e sul fronte m'han mandato. m'han mandato m'han mandato a sparar.

Mio nonno Rodolfo è stato un ragazzo del '99.
Novantanove m'han chiamato.
Spedito ad appena 18 anni in guerra. Era il 1917 prima guerra mondiale.
Sangue giovane dopo Caporetto.

Come sugli alberi le foglie parla della prima guerra mondiale. Non di persone come mio nonno catapultati in guerra che, boh, forse non avevano neanche capito dove dovevano andare.
Ma il libro, bello e commovente, di Biondillo, parla di quel gruppo di ragazzi cresciuti nelle aule dell'Accademia di Brera che la guerra l'hanno voluta.
Si chiamavano Boccioni, Erba, Sironi,  Russolo e Antonio Sant'Elia.
Seguivano le idee di Marinetti.
Erano sinceri interventisti.
Che, alla fine apprezzo, perché il mondo è pieno di interventisti che in guerra non ci sono andati.
Il protagonista è Antonio Sant'Elia che, chissà cosa sarebbe diventato, se non fosse morto sul Carso nel 1916.
Ah mio nonno poi è tornato. 

Novantanove m'han chiamato.

giovedì 9 febbraio 2017

Guanti bianchi

Quando facevo l'Università avevo una compagna di corso ricchissima che aveva una strepitosa  casa in Corso Mazzini.
Con domestici.
Ma soprattutto con tutti i classici latini e greci della UTET.
Cose che impressionano.

Sogno inaccessibile per me. Costavano, costano credo come un motorino.
Allora, con la magnanimità che a volte hanno i veri ricchi, decise di prestamerli perché dovevo preparare l'esame di Latino II, una delle esperienze più devastanti della mia carriera scolastica.

L'appello era il 2 agosto. Giuro.
Per la paura di macchiare I CLASSICI GRECI E LATINI DELLA UTET li sfogliavo con dei guanti leggerissimi di cotone che mi aveva regalato una cugina che lavorava in una azienda farmaceutica: quella degli Optalidon.
Oggi riportando in biblioteca questo libro della UTET che serve ora a mia figlia, mi è  tornato in mente tutto questo.
Gli Optalidon fucsia.
I guanti bianchi.
L'Agricola di Tacito.
E il tempo che passa.

sabato 4 febbraio 2017

Leoni si nasce

Ho amato tanto Lessico famigliare.
E lo rileggo spesso.
Ho sempre sognato che a un certo punto venisse pubblicato Lessico famigliare parte seconda. Terza. Quarta. Quinta.

Che so alla Einaudi trovano delle carte nascoste e taac viene fuori il seguito e tutte quelle storie continuano.
È la mentalità televisiva. Seriale.
Se piace una serie, si scrive il sequel e a volte il prequel.
Purtroppo quel mondo lì, quel salotto lì non c'è più. Dove si preparava il "trattamento" per gli ospiti, arrivava Adriano Olivetti e la mamma della Ginzburg che tornava dai corsi con Felice Casorati.

A volte i desideri però si avverano.
Antonio Scurati, bravissimo,  è come se avesse scritto uno spinoff.
Ha preso una storia, quella di Leone Ginzburg e ne ha ricostruito la vita eroica, seria e tragica.
Non solo, ha anche ricostruito un pezzo del suo lessico famigliare intrecciando la storia di Leone Ginzburg a quella di suo padre e di suo nonno. I Ginzburg e gli Scurati.

Chiudo il libro oggi, 4 febbraio, e scopro che proprio la notte tra il 4 e il 5 febbraio Leone Ginzburg è morto.
È morto a Regina Cieli dopo essere pestato a morte dai nazisti.
73 anni fa, nel 1944.
Oggi su Facebook se fosse una rockstar si scriverebbe RIP.
Dato che è una mia rockstar lo scrivo qui, riposa in pace.

mercoledì 1 febbraio 2017

Iverno russo

Per me il Design, di cui oggi mi occupo in fondo, è sempre stato il Prodotto.
Mio padre era disegnatore meccanico in Faema: disegnava macchine da caffè. 
Studiava le plastiche, il ferro, lo stagno e mi raccontava storie bellissime di materiali che sottoposti al freddo o al caldo impazzivano.
Si sbriciolavano. 
A volte si riempivano di bolle come il vaiolo.
E mi raccontava queste storie come un medico. Avresti detto.
Gli sarebbe piaciuto molto il libro I bottoni di Napoleone a cui pensavo stasera a Lambrate, uscendo dall'ufficio.
Faceva freddo, c'era la nebbia e sembrava la Russia.
Gli uomini di Napoleone arrivati a Borizov, poverini 😢, nel 1812 morivano dal freddo perché i loro cappotti non si riuscivano a chiudere.
I bottoni di stagno a quelle temperature si sbriciolavano come biscotti.

domenica 29 gennaio 2017

Camicie

Io ho due zie.
Fanno le camiciaie. Una si chiama Maria e l'altra Vincenzina.
Sì come la canzone.
Le chiacchiere tra mia mamma, pavese, mia zia Vincenzina, milanese purosangue e mia zia Maria pugliese di Foggia hanno accompagnato la mia vita. 
Cognate.
Amiche.
Mogli dei tre fratelli Peroni. 
I fratelli Peroni purtroppo non ci sono più.
Ma loro continuano a chiacchierare e a fare camicie.
Io ho imparato grazie a loro come è fatta una camicia. Una camicia bella da "sciur".
Cos'è il cannoncino, la mosca. A riconoscere un orlo ben fatto. Che le camicie devono avere i colli e i polsini di ricambio.
Che ci sono delle persone che fanno di mestiere le cifraie cioè che ricamano le iniziali sulle camicie.

Da piccola la sentivo parlare di queste cifraie continuamente. E poi la cifraia è andata via sai?  Ne abbiamo un'altra. Si è sposata con uno della "bassaitalia".
E adesso dobbiamo trovarne un'altra.

Mentre le cifraie vanno e vengono vi abbraccio mie care zie.
E' il lavoro artigiano.
I Makers.
Quelli veri.

Abiti tradizionali

A me non piace spiegare bene cosa dice  un libro. Forse non ne sono neanche capace.

Ma c'è una scena, sì una scena perché Quasi Grazia è un romanzo "in forma di teatro" che ricorderò a lungo.
La mamma della Deledda, tutta piena di astio e forse orgoglio per questa figlia che studiava tanto,  la tormenta prima che lei parta per Roma.
Battute che sono un capolavoro di odio femminile.
Ma non paga con un colpo di teatro, nel vero senso della parola, in un momento in cui rimane in scena da sola le apre una valigia piena di libri.
La svuota e vi ripone l'abito tradizionale nuorese.
Ecco, sistemato per bene.

Sistemata  per bene.

Quasi Grazia, Marcello Fois, Einaudi.

Grazia. Quasi Grazia.

Senti Bob lei è andata a Stoccolma a ritirarsi il premio... una donna forse non si sognerebbe mai di non ritirare un Nobel.
Per educazione.
E per rarità.

Grazia Deledda è stata la prima donna italiana a vincere il Nobel per la Letteratura.
Nel 1926.
Lo riscrivo 1926.


lunedì 23 gennaio 2017

Incontinenza

La lingua deve essere onesta.
Amo la lingua inglese perché lo è.
Un bell'articolo "vecchio", Robinson domenica 8 gennaio, parla della lingua delle nostre leggi. Sbaloridsco e piango per questo stralcio della legge sui disabili. 
Comma, articolo di Michele Ainis, Robinson, domenica 8 gennaio.

"Nelle more del completamento del procedimento di definizione dei livelli essenziali della prestazioni di cui all'articolo 13 del decreto... ".

domenica 22 gennaio 2017

Mia madre

Internet mi sorprende sempre. E la amo sempre di più.
Chi pensa che sia un verminaio è perché frequenta i posti sbagliati.
Come certi bar, certi locali.

In pochi secondi, grazie a qualche ricerca, ho ricostruito la vita di Giuliana Ferri. 


Ecco come appariva agli occhi di Barbara Palombelli

La testa piccola, i capelli sempre corti e ben tagliati, gli occhi vivacissimi, la bocca sempre occupata da una sigaretta, un maglione sformato ma elegantissimo, una gonna, un paio di mocassini: quando la vidi per la prima volta, Giuliana sembrava una ragazzina. In casa Ferri, sulla via Salaria davanti a villa Ada, per la prima volta nella mia vita sentii parlare di politica con rispetto e passione. 

Era la mamma del fotografo Fabrizio Ferri che così la descrive

Mia madre scriveva sui giornali di partito e organizzava le campagne elettorali. Io non so lottare come loro per cambiare il mondo, ma ho trasferito quei sentimenti nella mia visione del lavoro. 


E' un libro splendido Un quarto di donna e dovessi mai nella vita conosocere Fabrizio Ferri, gli chiederei di parlarmi della sua mamma. E poi di fotografia.

Dono

Un altro grande merito delle biblioteche pubbliche è che conservano e proteggono libri destinati all'oblio. 
A volte senza nessun demerito. 
Anzi,
E' così che ho scoperto questo libro di Giulia Ferri. 
Per me vale il libro questa frase, e molte altre

Mi domando perché vi affanniate a educare i vostri figli ... 

quando poi diventano sempre un'altra cosa

E' un libro scritto in quell'età in cui si fanno i conti.
I conti con il matrimonio, con i figli, con la carriera, almeno chi ce l'ha avuta. 

Con un aborto. 

Lei deve essere stata una donna speciale, una di quelle persone che sei felice di incontrare fuori da scuola quando ci porti i figli per strapparle un caffè. 
Ma di solito le donne così non hanno tanto tempo da perdere. 

Peccato se ne sia andata presto. 


All'interno del libro ci sono un sacco di timbri, come se ogni sede bibliotecaria avesse voluto dire: è nostro. E poi c'è un timbro con scritto: DONO. 

I libri non raccontano solo una storia, ma due. Quella del libro stesso e del suo viaggio.

Chissà chi l'ha donato. 


Felice che per puro caso sia finito nel mio retino. 

Giuliana Ferri è nata a Roma nel 1923.
E' stata una giornalista.
E' morta, purtroppo, nel 1975 

Il Caso

Oggi le gentili vestali della Biblioteca di Porta Venezia hanno preparato un altarino interessante.
Il libro di Giuliana Forti l'ho richiesto io, arriva dalla Biblioteca di Via Valvassori Peroni.
Grazie a un servizio fantastico si può chiedere di far recapitare alla propria biblioteca un libro presente in un'altra.
Vicino alla porta ci sono due portalibri in plexiglas dove vengono appoggiati i libri appena restituiti che aspettano di essere ricollocati.
Qui sperimento la vera serendipity e oggi ho preso a caso questi libri. 
Sono stanca di leggere i soliti 5 libri di cui parlano tutti gli stessi giornali. 
E le stesse persone.
Facciamoci sorprendere dal Caso.

lunedì 16 gennaio 2017

Cuoche mute

A volte gli sceneggiati.
Sto rileggendo Una stanza tutta per gli altri di Alicia Gimenez B. perché parla del diario della cuoca di Virginia Woolf.
Non è il vero diario.
È un diario inventato.
E mi è venuto in mente quando ho letto quella meraviglia di La cuoca di d'Annunzio, libro dove si ricostruisce il dialogo tra il Sommo e la sua cuoca. Veneta ovviamente. 
Di lei zero biglietti, al Vittoriale sono conservati tutti i bigliettini di D'Annunzio che vuole i Can-nel-lo-ni, la salsa verde e via.
Quindi è un dialogo per modo di dire perché è unilaterale.
Sono gli stessi anni più o meno 1916-1934.
Perché gli sceneggitati, perché sono gli anni di Dowton Abbey e della sua cuoca, la signora Patmore. Quanto amore.
Tutto questo per dire viva le cuoche "mute" di tutti i tempi.
Non scrivevano loro.
Forse non sapevano neanche leggere.
Mentre si celebra il cuoco maschio, lo Ur-chef che deve essere cattivo, brutalizzante direi e non si capisce perché, viva le cuoche mute di tutti i tempi. 
Che non avevano neanche gli elettrodomestici!





martedì 3 gennaio 2017

Andare all'avventura

Quando è morta mia madre nel 1976 ho capito che tutto ciò che avrei fatto non avrebbe più avuto un destinatario vero. Certo avrebbe avuto risonanze di amicizia o di inimicizia, di stima o di disprezzo, ma non più quel rapporto unico fra una madre e un figlio provinciali ...  tu eri l'unica persona al mondo che potesse capire sul serio cosa è stato per me andare all'avventura e per te seguirla , da lontano.

Giorgio Bocca, Il provinciale, Feltrinelli.

Biot

Nella guerra dei bottoni le bande rivali (di bambini) si prendono a sassate e i vincitori come simbolo, le guerre sono fatte anc...