venerdì 29 novembre 2019

Morto!

«Hannibal de Bréauté, morto! Antoine de Mouchy, morto! Charles Swann, morto! Adalbert de Montmorency, morto! Boson de Talleyrand, morto! Sosthène de Doudeauville, morto!». E ogni volta quella parola, «morto», sembrava cadere sui defunti come una palata di terra più pesante, gettata da un becchino che volesse ribadirli più profondamente nella tomba.

venerdì 22 novembre 2019

Wafer

Quasi alla fine della Ricerca del Tempo perduto Proust spiega bene la questione dei ricordi: il nostro IO è fatto a strati ed è costituito  dalle sovrapposizioni dei giorni. Ogni giorno è rimasto depositato in noi come i libri di una immensa biblioteca dove c'è un esemplare che nessuno andrà mai a chiedere.
Basta poco perché qualcosa faccia risalire alla nostra memoria quel giorno, quel libro che nessuno chiede,  e così i nomi riprendono i loro significati e le persone il loro volto.
Pag.1949 edizione Einaudi.
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❤ Siamo quindi come un grande wafer mi viene da pensare. Friabili. 
I wafer erano i biscotti preferiti di mio papà e mi diceva che li comprava, sfusi ovviamente, dalla panettiera. L'Elvira. E lui li chiamava "mignin" chissà perché. Forse perché erano piccoli, magari era un francesismo da mignon. 
Il dialetto pavese è pieno di francesismi. Mia nonna, terza elementare quindi niente storie tipo da noi Agnelli si pavlava sempre in francese cava mia..., mi ha sempre chiesto dei soldi così: Hai bisogno di arsgian?
Ecco così un nome sepolto nella memoria, la panettiera, anzi l'Elvira, risalire alla superficie velocemente come Maiorca e riacquistare subito il suo grembiule blu, gli occhialoni anni '70 e dei bellissimi vasi di vetro con dentro dei mini wafer.

lunedì 18 novembre 2019

Medicina russa

"Il conducente dell’auto sembrava a disagio a nome dell’intero popolo russo, e si mise una mano nella tasca della giacca. Per un secondo pensai che stesse per tirare fuori un’altra pistola, invece era una fiaschetta. Me la offrí. — Medicina russa! – disse in inglese, e rise.
— Grazie, – risposi in russo. Bevvi un sorso, era vodka.
— Ma come, sei russo? – chiese l’uomo.
— Diciamo di sí, – risposi.
Allora lui scosse la testa con aria schifata come per dire che in tal caso avrei dovuto sapermi difendere". 

Quanto mi fa ridere questo libro. Ridere bene,  non sghignazzare ma ridere sommessamente, con malinconia. 

Poi penso a quanto talento hanno Masha Gessen e suo fratello Keith autore di questo libro. Che bello deve essere avere un fratello.

E che bella questa copertina con le betulle e la Dacia capovolte.
Keith Gessen  Un paese terribile, Einaudi.

venerdì 15 novembre 2019

Mille e una notte

 Il concerto ebbe inizio, non conoscevo quel che si suonava, ero in un paese ignoto. Dove situarlo? Nell’opera di quale autore mi trovavo? Avrei tanto voluto saperlo e, non essendoci accanto a me nessuno cui chiederlo, mi sarebbe piaciuto essere un personaggio di quelle Mille e una notte che rileggevo all’infinito e dove, nei momenti d’incertezza, sorge improvviso un genio o un’adolescente d’incantevole bellezza, invisibile agli altri, ma non all’eroe in imbarazzo cui rivela esattamente ciò ch’egli desiderava sapere. Ebbene io fui, in quel momento, precisamente favorito da una siffatta apparizione magica. 

domenica 10 novembre 2019

ouverture

mi svegliai di buonora e, ancora mezzo addormentato, appresi dalla mia gioia che c’era, interpolata nell’inverno, una giornata di primavera. Fuori, motivi popolari finemente composti per vari strumenti, dal corno del conciabrocche alla tromba dell’impagliatore di sedie e al flauto del capraio, che grazie al bel tempo sembrava un pastore siciliano, orchestravano lievemente l’aria mattutina in una “ouverture per un giorno di festa”. Quel senso delizioso che è l’udito ci porta la compagnia della strada di cui evoca tutte le linee, disegna tutte le forme che vi passano, mostrandocene il colore. Le saracinesche del panettiere, del lattaio, abbassatesi la sera prima su ogni prospettiva di felicità femminile, si alzavano adesso con leggerezza, come i bozzelli d’una nave che disormeggia e s’appresta a filare per il mare trasparente, sopra un sogno di giovani commesse. Quel rumore di serrande di ferro che si sollevano sarebbe stato forse, in un altro quartiere, il mio unico piacere. In questo ce n’erano, a darmi gioia, altri cento, non uno dei quali avrei voluto perdere restando troppo a lungo addormentato. È l’incanto dei vecchi quartieri aristocratici quello d’essere, insieme, popolari.

venerdì 1 novembre 2019

I giorni dei morti

Che giorni brutti questi dei morti. 

E mi è tornata in mente una cosa che avevo scritto sul cimitero. Eccola qui. Era un compito su una frase che dice Voland, il diavolo del Maestro e Margherita. 

Compito: Verrà il mondo della verità?

Sì. Non era possibile avere un altro punto di vista. Semplicemente non c’erano altre possibilità. Si era cattolici e basta nel paese in cui sono cresciuta.C’era l’oratorio o la Piazza. C’era la cooperativa dei Bianchi e la bocciofila dei Rossi.
Gli atei forse c’erano ma io non li vedevo. C’era l’oratorio di Sant’Agnese e i capelli cresciuti all’improvviso che le coprivano le vergogne. 
C’era la morte a volte e l’angelo che spezza le catene. Il prete e l’inno il signore è il mio pastore, il signore è il mio vincastro. Mia nonna quando le ho spiegato che cos’era il vincastro non ci credeva, pensava fosse un profumo, non ci poteva credere che una parola così bella fosse un oggetto umile, nostro, della 
E poi c’era il cimitero. L’altro mondo quello vegetale: il muschio, le api e i favi dietro il marmo delle tombe. Le donne col Vetril e il Sidol per pulire le cornici delle fotografie. Era quello il momento dove interrogarsi se c’era il mondo della verità. Certo che c’era. E sapeva di incenso, di Sidol e di vincastro. E non poteva essere il posto dove finiva tutto. 
Poi ho sposato un comunista, come il libro di Philip Roth. Un trotkyzsta duro e puro che da tempo ha smesso consapevolmente di credere alle fandonie su Dio. Ogni giorno da vent’anni tutte le mie idee religiose passano sotto il maglio del materialismo storico.
Dai è il 3 febbraio mangia un pezzo di panettone che è San Biagio SanBias pruteg la buca e il nas.  Sei superstiziosa non religiosa. Io i figli li battezzerei non si sa mai, quella cosa del limbo. E se è vero? 
E anche io vorrei finirla lì su Dio come Woland quando dice che non c’è bisogno di nessun punto di vista è semplicemente esistito e basta.
Una domenica di maggio, portavamo le bambine al cimitero a trovare il nonno. Anzi diciamolo bene: mio papà. E Maddalena, 4 anni, ha chiesto Papà ma che cos’è il cimitero? Avevo i fiori in mano, la spugna e tutte quelle cose che ti fanno illudere che ci si possa prendere cura di chi non c’è piu. Mi si è fermato il respiro e ho pensato adesso le dice che non c’è niente. Che finisce tutto. Che la morte è la morte, non c’è nessuno dio, nessun angelo e nessun perdono. Che il nonno non c'è più.

Il cimitero è un posto in cui si viene a pensare, Maddalena. 

Mi è sembrata una risposta onesta oggi direi russa per la cura con la quale è stata scelta. Risposta  onesta da vero trotzkysta  per chi pensa che il mondo della Verità non verrà mai  e onesta per chi ha ancora tutta la vita per domandarselo.

Biot

Nella guerra dei bottoni le bande rivali (di bambini) si prendono a sassate e i vincitori come simbolo, le guerre sono fatte anc...