domenica 10 novembre 2019

ouverture

mi svegliai di buonora e, ancora mezzo addormentato, appresi dalla mia gioia che c’era, interpolata nell’inverno, una giornata di primavera. Fuori, motivi popolari finemente composti per vari strumenti, dal corno del conciabrocche alla tromba dell’impagliatore di sedie e al flauto del capraio, che grazie al bel tempo sembrava un pastore siciliano, orchestravano lievemente l’aria mattutina in una “ouverture per un giorno di festa”. Quel senso delizioso che è l’udito ci porta la compagnia della strada di cui evoca tutte le linee, disegna tutte le forme che vi passano, mostrandocene il colore. Le saracinesche del panettiere, del lattaio, abbassatesi la sera prima su ogni prospettiva di felicità femminile, si alzavano adesso con leggerezza, come i bozzelli d’una nave che disormeggia e s’appresta a filare per il mare trasparente, sopra un sogno di giovani commesse. Quel rumore di serrande di ferro che si sollevano sarebbe stato forse, in un altro quartiere, il mio unico piacere. In questo ce n’erano, a darmi gioia, altri cento, non uno dei quali avrei voluto perdere restando troppo a lungo addormentato. È l’incanto dei vecchi quartieri aristocratici quello d’essere, insieme, popolari.

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