venerdì 21 settembre 2012

Piedi

Piedi spaccati dall'allenamento di karate.



E questo quello che intendevo con il post di questa mattina.
C'è differenza tra fare sport e "guardarlo".
Gli italiani, lo dicono degli studi, nelle classifiche sono tra i popoli che fanno meno sport e tra quelli che comprano più abbigliamento sportivo.
Basta avere una maglia della Nike per sentirsi Bolt.
Io ho delle idee precise su questo tema che partono da qui.
Mio padre è stato un grandissimo sportivo.
Era bravo a fare tutti gli sport che provava.
Ogni sabato andava a giocare a tennis con i suoi amici.
Dalle 9 alle 11. Tutti i sabati. Io ero cooptata come raccattapalle.
Mi diceva: si inizia così.Prima lezione di vita.
Mi ricordo che diceva che più la gente era scarsa più era perfetta nell'involucro.
Seconda lezione di vita.
Aveva questo amico soprannominato Muscolino, che si presentava ogni sabato con una mise diversa. Perfetto dalla bandana alle calze, ai polsini.
Tutto coordinato.
Mi ricordo ancora il gusto e la rabbia con cui mio padre lo impallinava.
Aveva la gioia sadica di batterlo 6-2, 6-2.Ogni volta.
Quello vestito come Borg a Wimbledon e lui con i suoi pantaloncini bianchi e una tipo-Lacoste nera. La stessa per vent'anni.
Sento ancora i colpi: baaaaammm.
Come se lo volesse crivellare di colpi.
Terza lezione di vita: combattere sempre la non autenticità.

Stasera non ho espresso un karate che mi ha soddisfatto.
Ma io sono molto fiera dei miei piedi massacrati.
Piedi che ci hanno provato a fare qualche cosa di onesto.
Di autentico.
Come? Provandoci, sbagliando. Tutti vestiti uguali.
Senza marchi.
Con rispetto per chi sa fare meglio.
E in silenzio.
Perché nel dojo parla solo il maestro.

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