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venerdì 22 novembre 2019

Wafer

Quasi alla fine della Ricerca del Tempo perduto Proust spiega bene la questione dei ricordi: il nostro IO è fatto a strati ed è costituito  dalle sovrapposizioni dei giorni. Ogni giorno è rimasto depositato in noi come i libri di una immensa biblioteca dove c'è un esemplare che nessuno andrà mai a chiedere.
Basta poco perché qualcosa faccia risalire alla nostra memoria quel giorno, quel libro che nessuno chiede,  e così i nomi riprendono i loro significati e le persone il loro volto.
Pag.1949 edizione Einaudi.
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❤ Siamo quindi come un grande wafer mi viene da pensare. Friabili. 
I wafer erano i biscotti preferiti di mio papà e mi diceva che li comprava, sfusi ovviamente, dalla panettiera. L'Elvira. E lui li chiamava "mignin" chissà perché. Forse perché erano piccoli, magari era un francesismo da mignon. 
Il dialetto pavese è pieno di francesismi. Mia nonna, terza elementare quindi niente storie tipo da noi Agnelli si pavlava sempre in francese cava mia..., mi ha sempre chiesto dei soldi così: Hai bisogno di arsgian?
Ecco così un nome sepolto nella memoria, la panettiera, anzi l'Elvira, risalire alla superficie velocemente come Maiorca e riacquistare subito il suo grembiule blu, gli occhialoni anni '70 e dei bellissimi vasi di vetro con dentro dei mini wafer.

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